“Tutto ciò che vuoi è dall’altra parte della paura”
(Jack Canfield)
Premessa
Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto paura; l’ansia e la paura sono risposte universali che tutti noi sperimentiamo quando siamo sottoposti ad eventi in qualche modo stressanti. Tuttavia alcune persone sperimentano forme estreme di avversione, paura, terrore e panico di fronte a situazioni o oggetti specifici che comunemente non preoccupano (o lo fanno in misura minima) altre persone. Queste paure irrazionali, classificate come fobiche, possono compromettere il funzionamento personale, sociale e lavorativo delle persone che le sperimentano.
Storie
“Paola è una donna in carriera nel settore bancario ed ha ricevuto di recente una promozione. Le sue nuove mansioni prevedono che sia sempre in viaggio, cosa che lei non aveva mai fatto prima. Questa apparente buona notizia, tuttavia, per lei è causa di un grosso problema perché dovrà prendere l’aereo. Non ha nessuna difficoltà a guidare in autostrada o prendere un treno, ma è terrorizzata all’idea di prendere un aereo. Paola ha evitato per anni di volare a causa di forti paure. La prima volta che ha preso un aereo si è sentita letteralmente a pezzi per tutta la settimana precedente il volo e dopo essere giunta a destinazione, ha vissuto giornate di forte angoscia in previsione del volo di ritorno. Durante il volo, inoltre, aveva vissuto momenti di forte tensione all’idea che l’aereo potesse cadere ed aveva sperimentato forti reazioni di panico ad ogni rumore strano o ad ogni movimento inusuale sull’aereo. In quell’occasione giurò a se stessa che non avrebbe mai più volato! Paola sa che la sua paura è estremamente irrazionale ma non riesce a rilassarsi all’idea di dover affrontare questa sfida e, quando si rivolge a me per un colloquio psicologico, sta pensando di rinunciare alla promozione”.
“Pino ricorda chiaramente la prima volta che ha avuto paura degli aghi. Aveva 10 anni e doveva fare un esame del sangue per un controllo di routine. Non aveva mai fatto esami del sangue prima di quel momento e si sentiva un po’ spaventato. Sua mamma gli consigliò di guardare dall’altra parte durante il prelievo in modo da non suggestionarsi e per non sentire il dolore. Prima del prelievo cominciò a sentirsi sempre più spaventato. Il suo cuore batteva come un tamburo e cominciò a sentire molto caldo. Il dottore visto il suo stato di tensione non riuscì subito a trovare la vena nel suo braccio e dopo aver provato diverse volte passo all’altro braccio. Pino si contorceva sul lettino e dovette essere trattenuto dall’infermiera. Quando finalmente riuscirono a fare il prelievo lui scoppio in lacrime. Si alzò per andarsene ma si sentì svenire e l’infermiera lo fece distendere. Nel corso degli anni, Pino ha continuato ad avere paura, anzi la sua paura è aumentata progressivamente. Quando aveva 13 anni svenne durante un prelievo di sangue e da quel momento cominciò ad evitare tutte le situazioni nelle quali poteva entrare in contatto con siringhe, limitando al minimo anche gli appuntamenti con i medici. Anche se osservava in TV qualcuno che si sottoponeva ad un prelievo cominciava a sentirsi male e nauseato. Quando arrivo il momento di andare all’Università, nonostante il forte interesse per la medicina, decise di non iscriversi a questa facoltà perché non riusciva ad immaginarsi mentre conduceva un’operazione chirurgica o mentre utilizzava siringhe per iniezioni. Rinviò il suo matrimonio di circa un anno per evitare di fare degli esami del sangue. E quando si decise a farli sveni. Pino decise che era giunto il momento di chiedere aiuto quando gli fu offerto un lavoro del quale aveva molto bisogno. Per essere assunto doveva sottoporsi ad un esame di sangue. Aveva due figli e non era nelle condizioni di poter rifiutare il lavoro. Il costo potenziale di mantenere la sua fobia sembrò a questo punto molto alto da sostenere”.
“Anna è una casalinga di 55 anni, madre di tre figli. Lei e suo marito Paolo, recentemente si sono spostati da Roma a Napoli, andando a vivere in una villetta in periferia. Anna è estremamente sorpresa di aver avuto grosse difficoltà dopo il trasferimento da lei fortemente voluto. Durante i primi giorni di permanenza nella nuova casa, Anna trovò una lucertola sul davanzale della camera da letto e poi notò la presenza di diverse lucertole nel cortile. Alla vista delle lucertole sviluppo una estrema paura e si senti paralizzata fino a quando il marito non riuscì a togliere le lucertole dalla sua vista. Da quel momento Anna vive nel terrore di trovare altre lucertole. Esamina ogni stanza prima di entrare ed indossa stivali prima di uscire di casa. Comprende l’irrazionalità di tali comportamenti ma non riesce a trovare la forza per superare questa fobia, quindi decide di richiedere un aiuto psicologico”.
“Chiara si è sentita sempre a disagio in luoghi alti, sin da quando era bambina. Tuttavia, la sua paura aumentò gradualmente tra i 10 ed i 20 annidi età. Racconta che all’età di 6 anni quando attraversava i ponti chiudeva gli occhi. Durante le vacanze si era sempre rifiutata di sciare o di tuffarsi da trampolini alti due o tre metri. Tuttavia le sue paure le sembravano gestibili e non la preoccupavano molto. In fin dei conti non c’erano ponti molto alti dove viveva e molti altri posti che potessero preoccuparla. Quando aveva 17 anni la sua famiglia andò in vacanza sulle Dolomiti. Lei era molto contenta di andarci tuttavia, quando arrivo, non riuscì prendere la seggiovia … per tentare di salire chiudeva gli occhi ma appena lo faceva il cuore iniziava a battere in maniera insostenibile … cominciava a sentire il fiato corto e ad avere vertigini, temeva che le gambe potessero cedere da un momento all’altro. Quindi tutti decisero di passare la giornata diversamente. Sulla strada del ritorno cominciò inoltre a focalizzarsi su tutti i ponti e le altezze dei sentieri di montagna rimanendo in uno stato di tensione per tutto il viaggio. Alla fine fu sollevata di ritornare a casa, ma dispiaciuta del fatto che il viaggio fosse stato così difficile. Man mano che gli anni passavano cominciava a sperimentare sintomi di panico in molte altre situazioni. Durante i viaggi richiedeva che il padre raggiungesse le località di destinazione evitando tutti i ponti, costringendo così la famiglia a fare molti chilometri in più. Inoltre nella sua quotidianità evitava completamente alcune zone della città”.
Fobie Specifiche
Le fobie specifiche sono caratterizzate dall’immediato sviluppo, nelle persone che ne sono affette, di paura o ansia marcate verso oggetti o situazioni specifiche (stimoli fobici). Tali stimoli vengono attivamente evitati oppure a sopportati dalla persona con paura o ansia estreme. Le reazioni emotive, nel disturbo fobico, sono sproporzionate rispetto al reale pericolo rappresentato dall’oggetto o dalla situazione specifici ed in generale rispetto al contesto socioculturale di appartenenza (per esempio, la paura del buio può essere ragionevole in un contesto di continua violenza, e la paura degli insetti può essere più sproporzionata in contesti in cui gli insetti fanno parte della dieta). Il grado di paura o ansia manifestate davanti all’oggetto o alla situazione fobici può variare (da ansia anticipatoria a un attacco di panico vero e proprio) a causa di numerosi fattori contestuali, quali la presenza di altri, la durata dell’esposizione e altri elementi minacciosi, come la turbolenza su un volo per individui che hanno paura di volare. Le persone con fobia specifica vivono tipicamente un aumento dell’attivazione fisiologica in previsione di, o durante l’esposizione a, un oggetto o una situazione fobici. Una fobia può essere diagnosticata quando la paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano continuativamente per 6 mesi o più. Evitamento attivo significa che l’individuo si comporta intenzionalmente in modo da prevenire o ridurre al minimo il contatto con gli oggetti o le situazioni fobici (per es., percorre tunnel piuttosto che ponti durante gli spostamenti quotidiani per andare al lavoro a causa della paura delle altezze; evita di entrare in una stanza buia per paura dei ragni; evita di accettare un lavoro in un ambiente in cui lo stimolo fobico è più comune). I comportamenti evitanti sono spesso evidenti (per es., un individuo che ha paura del sangue il quale si rifiuta di andare dal medico), ma a volte possono essere meno evidenti (per es., un individuo che ha paura dei serpenti il quale si rifiuta di guardare immagini che assomigliano alla forma o alla figura dei serpenti). Molti individui con fobie specifiche hanno sofferto per anni e hanno modificato le loro abitudini di vita in modo da evitare il più possibile l’oggetto o la situazione fobici (per es., un individuo con diagnosi di fobia specifica, animali, che trasloca in una zona priva del particolare animale temuto). Come conseguenza dell’evitamento e del disagio connesso ad affrontare determinate situazioni la persona manifesta una significativa compromissione del proprio funzionamento in ambito personale, sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Le fobie possono essere suddivise in classi sulla base degli stimoli fobici; pertanto possono essere presenti fobie e che riguardano :
- animali (per es., ragni, insetti, cani);
- l’ambiente naturale (per es., altezze, temporali, acqua);
- il sangue, le iniezioni, le ferite (per es., aghi, procedure mediche invasive);.
- determinate situazioni – situazionale – (per es., aeroplani, ascensori, luoghi chiusi);
- altri stimoli (per es., paura di situazioni che possono portare a soffocare o vomitare; nei bambini, paura dei rumori forti o dei personaggi in maschera).
- Le persone comunemente sviluppano fobie multiple (almeno tre nel 75% dei casi).
Le persone con fobia specifica sviluppano il disturbo, di solito, nella prima infanzia, nella maggior parte dei casi prima dei 10 anni. L’età media di insorgenza è tra i 7 e gli 11 anni. Le fobie specifiche situazionali tendono ad avere un’età di esordio tardiva rispetto alle fobie specifiche per l’ambiente naturale, gli animali o il sangue-iniezioni-ferite. Le fobie, tra alti e bassi, persistono fino all’età adulta e, senza trattamento, hanno scarsa probabilità di scomparire. Una fobia specifica può svilupparsi a qualsiasi età, spesso come risultato di esperienze traumatiche. In età anziana la presenza di un disturbo fobico può essere sottostimata a causa della tendenza degli anziani ad attribuire i sintomi dell’ansia ad altre condizioni mediche.
Quanto è frequente e quali sono i fattori di rischio
La prevalenza a 12 mesi stimata per la fobia specifica è di circa il 7-9%. I tassi di prevalenza sono di circa il 5% nei bambini e di circa il 16% negli adolescenti dai 13 ai 17 anni. I tassi di prevalenza sono minori negli individui più anziani (intorno al 3-5%). Le femmine sono più frequentemente colpite rispetto ai maschi, con un rapporto di circa 2:1, anche se i tassi variano a seconda dei differenti stimoli fobici. In altre parole, fobie specifiche relative ad animali, ambiente naturale e situazionali sono vissute prevalentemente da parte delle femmine, mentre la fobia sangue-iniezioni-ferite è vissuta quasi in egual modo da entrambi i generi.
A volte la fobia specifica si sviluppa in seguito a un evento traumatico (per es., essere attaccati da un animale o rimanere bloccati in un ascensore), all’osservazione di un evento traumatico occorso ad altri (per es., vedere affogare qualcuno), a un attacco di panico inaspettato verificatosi in quella che sarà la situazione temuta (per es., un attacco di panico inaspettato in metropolitana), oppure alla trasmissione di informazioni (per es., l’ampia copertura mediatica di un disastro aereo). Le cause del comportamento fobico hanno una base ambientale (iperprotettività genitoriale, la perdita di un genitore o la separazione, l’abuso fisico o sessuale, gli episodi negativi o traumatici connessi con la situazione fobica) genetica e fisiologica in quanto spesso si osserva una familiarità tra i parenti di primo grado e temperamentale (per la presenza di tratti come l’affettività negativa o l’inibizione comportamentale)
Interventi e trattamenti
Se l’oggetto della paura è facile da evitare, le persone con fobie specifiche possono non sentire il bisogno di chiedere aiuto per un trattamento. Tuttavia, a volte prendono importanti decisioni personali e lavorative per evitare una situazione fobica, e questo evitamento porta a rallentamenti estremi, che possono essere inabilitanti. Le fobie specifiche sono facilmente trattabili attraverso la psicoterapia cognitivo comportamentale. Le strategie utilizzate in terapia cognitivo comportamentale si basano sull’implementazione dei seguenti interventi:
- automonitoraggio; per favorire lo sviluppo di un senso più obiettivo delle proprie reazioni a situazioni fobiche, e quindi favorire un maggiore senso di padronanza e controllo.
- ristrutturazione cognitiva; attraverso la quale la persona impara a comprendere il ruolo delle cognizioni nel mantenimento delle fobie (ad es. percezione errata del rischio associato a situazioni fobiche o interpretazione errata di segnali interocettivi legati alla attivazione fisiologica) Capacità di aiutare il cliente a comprendere come la paura delle proprie reazioni fisiche a situazioni fobiche possa contribuire al mantenimento (“paura della paura”) aiutare il cliente a identificare pensieri e ipotesi associati all’ansia ea utilizzare la scoperta guidata per generare cognizioni alternative. Una capacità di aiutare il cliente a generare esperimenti comportamentali (di solito come parte del componente di esposizione) per testare la validità delle cognizioni e delle ipotesi
- esposizione; la tecnica prevede diverse fasi nelle quali:
- viene spiegato al paziente il modello comportamentale dell’ansia fobica (nella quale l’evitamento può mantenere i sintomi) ed il ruolo dell’esposizione nel testare la validità dei pensieri catastrofici ed irrazionali posseduti dalla persona;
- si lavora con il cliente per redigere elenchi di attività pratiche ed homework di esposizione alle situazioni ed oggetti temuti;
- si implementa l’esposizione immaginativa in presenza di problemi pratici che rendono difficile l’esposizione in vivo;
- si utilizza l’esposizione interocettiva (una tecnica di esposizione alle sensazioni fisiche) per aiutare le persone ad identificare e aggirare eventuali comportamenti di sicurezza (fattori di mantenimento);
- strategie di mantenimento e prevenzione delle ricadute.
American Psychiatric Association (APA, 2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM–5)